Di recente un mio paziente è quasi rimasto male quando gli ho chiesto di firmare un modulo di consenso informato.
- Ma io mi fido... non serve firmare questo foglio... pensi che esco da qui e ti vado a denunciare?
Faccio firmare il consenso informato ai miei pazienti proprio perché penso che non mi vogliano denunciare; se avessi sospetti sulla "litigiosità" di chi ho di fronte, non farei firmare nulla, perché non prenderei proprio in cura il paziente. Mi piace il mio lavoro, ma solo se posso svolgerlo serenamente.
Avete un'auto? Sicuramente è assicurata, primo perché è buona norma che lo sia, secondo perché è obbligatorio per legge.
L'assicurazione protegge dagli imprevisti, però quando i rischi sono certi vanno evitati e basta... immaginate che i fondi del caffè prevedano che se uscite in macchina verrete investiti da un pazzo che viaggia contromano: vi avventurereste comunque, solo perché "tanto sono assicurato"? Non credo proprio.
L'assicurazione è una di quelle cose che si spera di non dover usare mai, ma che è saggio avere comunque, e per il consenso informato vale lo stesso (ma a differenza dell'assicurazione non costa niente).
Nell'ultimo anno di università il docente di medicina legale ci spiegò cos'è e perché va ottenuto il consenso informato (che non è obbligatorio sia scritto, ma si sa, verba volant), però sono sempre stato convinto che per evitare "grane" bastasse essere trasparenti nelle spiegazioni, usare un linguaggio chiaro, e avere l'empatia necessaria a capire i dubbi del paziente.
Per una buona parte della mia carriera non ho fatto firmare consensi informati, se non raramente, e mi sono sempre concentrato sulla spiegazione chiara e completa di diagnosi, obiettivi del trattamento, e piano terapeutico, facendo scegliere al paziente l'alternativa a lui più congeniale, dopo avergli illustrato in termini semplici tutti i pro ed i contro (ho quindi raccolto un consenso informato verbale). Mai nessun problema.
Un bel giorno, mentre trattavo una persona, paziente da molto tempo, e con la quale c'erano sempre stati buoni rapporti, si è verificata una complicanza così banale, che neppure meritava di venire chiamata complicanza, e la soluzione era almeno altrettanto banale.
- E' successo X, si rimedia facilmente ma dobbiamo rivederci presto, il giorno Y va bene?
- Ok nessun problema
Prima per un motivo, poi per un altro, la persona in questione non mi ha reso possibile risolvere il problema in tempo utile, e al suo ritorno, dopo un tempo eccessivo, ho dovuto trovare un compromesso che ha comportato un piccolo problema (tanto per cambiare, banale anche questo).
Se il dottore ti dice di fare una cosa, e tu non la fai (ognuno è padrone di sé stesso), è naturale che quando succede qualcosa la responsabilità sia del paziente, perché non ha seguìto le indicazioni del medico... giusto? Beh, questa persona non la pensava così, e ha insistito nel darmi la colpa, oltre ad avermi fatto altre rimostranze completamente incoerenti (diario clinico alla mano) che mi han fatto cadere dalle nuvole.
Per quieto vivere ho deciso di mandare giù il boccone amaro, e rifare a mie spese un lavoro che non mi spettava, tuttavia ho considerato la perdita economica come se fosse il costo di un corso di management, dal quale ho imparato che il consenso informato va scritto e firmato sempre, perché ne hai bisogno quando meno te lo aspetti. Nella stessa vicenda, con un consenso informato scritto, qualunque rimostranza sarebbe caduta nel vuoto, proprio perché avrei potuto mostrare il modulo firmato, nel quale erano stati esplicitamente accettati i rischi del lavoro.
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